PARLIAMONEN
20 giugno 2024

Tra tutti i motivi per cui una persona può scegliere di utilizzare un termine inglese al posto di una parola italiana ce n’è uno piuttosto semplice (e forse l’unico giustificabile, dai): non esiste una buona traduzione.

Il caso è proprio quello delle solar farm: probabilmente in Italia ce ne sono un bel po’, ma visto che siamo arrivati “tardi” alla festa i paesi anglofoni si sono portati avanti e hanno trovato un nome che possiamo tradurre con “fattorie a sole” o “fattorie solari”. Al netto della lingua, però, cos’è esattamente una solar farm?

Scopriamolo

In parole povere, una solar farm è un agglomerato di pannelli solari che possono arrivare fino a 5 MW di potenza all’anno (il minimo per essere una solar farm è 1 MW all’anno). Come puoi immaginare, per raggiungere questo livello di energia c’è bisogno di molto spazio per i pannelli: ecco perché spesso vengono installati in grandi spazi aperti o sui tetti degli edifici – solitamente industriali – che coprono un’area molto ampia. 

I motivi per “piantare” così tanti pannelli fotovoltaici vicini non nascono solo dalla necessità di generare una grande quantità di energia – che comunque male non fa – ma anche per fare in modo che il sistema sia efficiente: in questo modo, infatti, sarà più semplice trasportare l’energia prodotta dalla solar farm alla rete elettrica nazionale. In più, chi vive in città sa che non è proprio semplicissimo installare pannelli solari in un condominio o, in generale, su edifici considerati “storici”, senza contare che la capacità produttiva di un pannello fotovoltaico residenziale è più limitata.

Quanti tipi di solar farm esistono?

Sulla carta, quante ne vuoi. Non devono avere una forma precisa o una dimensione minima o massima. Quello che davvero fa la differenza è chi le possiede e come usa l’energia che producono. Le solar farm più grandi, infatti, di solito appartengono ad aziende private o pubbliche che poi rivendono l’elettricità. Se invece gli impianti fotovoltaici sono più piccoli, sono finanziati e servono in modo diretto le comunità che se ne prendono cura, stiamo parlando di comunità energetiche. Anche queste realtà possono rimettere energia sul mercato, ma si tratterà di quell’eventuale sovraproduzione che non serve alla comunità.


Si costruisce così

La prima cosa che ti serve è lo spazio – un sacco di spazio. Oltre ai pannelli in sé, infatti, bisogna installare dell’attrezzatura: gli “inverter”, per esempio, che generano tensione alternata da tensione continua, permettendo così agli impianti di immettere nella rete l’energia prodotta. Senza dimenticare che deve poterci essere abbastanza spazio per passeggiarci in mezzo e poterli pulire, aggiustare o fare la normale manutenzione. Per capirci, una solar farm può occupare dai 2 ai 4 ettari.

Ora, se stai pensando di riconvertire quel terreno lasciato dalla zia in una solar farm, ti consigliamo di mettere giù i documenti catastali e continuare a leggere. Il terreno ideale per una solar farm, infatti, non può essere troppo lontano dalle centrali e dalle linee che permetterebbero all’impianto di collegarsi alle infrastrutture nazionali. E come puoi immaginare, deve essere una zona esposta al sole per la maggior parte del tempo (niente valli profonde, insomma).

Bisogna anche considerare che, almeno in Italia, le regioni devono sempre dare l’okay per la realizzazione degli impianti, anche se si sta pensando di costruirli su terreni privati. Questa procedura ha avuto un grande impatto sulla creazione di solar farm nostrane, e nelle ultime settimane sono stati presi provvedimenti importanti a proposito: vediamo di che si tratta.  


Come siamo messi, noi, a solar farm?

Niente male, ma si può ancora migliorare. Solo nel 2023, infatti, sono stati connessi poco meno di 400 mila impianti fotovoltaici, per una potenza di 5,23 GW. Questo vuol dire che, ora come ora, abbiamo più di un milione e mezzo di impianti installati e funzionanti in Italia, e che la potenza totale nazionale è di 30,28 GW. Occhio però, perché questi dati sono la somma di tutti gli impianti fotovoltaici installati nel Belpaese: non stiamo quindi parlando solo di solar farm, ma anche di impianti residenziali e commerciali/industriali. Ed è qui che arriva il punto più interessante.

Se guardiamo il report di Solare Italia, infatti, il settore è trainato più dagli impianti residenziali e industriali che da quelli “utility scale”, altro termine con cui sono conosciute le solar farm. Come suggerisce il blog Info Build Energia, questa crescita è stata aiutata dal Superbonus e dalla necessità, soprattutto per le imprese, di smarcarsi dagli aumenti del prezzo dell’energia nel 2022.

Questo divario potrebbe crescere in futuro per via dei limiti all’installazione dei pannelli solari previsti nel Decreto-legge Agroalimentare del 15 maggio 2024. Per proteggere e permettere la coltivazione sui terreni agricoli, infatti, i pannelli non potranno essere installati direttamente sul terreno ma dovranno essere sollevati. Per contestualizzare però, può essere utile capire quanto dell’energia pulita prodotta dagli impianti arriva dal vero e proprio agrovoltaico: stando ai dati organizzati dall’osservatorio Energy Strategy del Politecnico di Milano, nel 2022 gli impianti installati nei campi contribuivano al 10% dell’energia totale prodotta in Italia.