PARTITE IVA
26 settembre 2024

La notizia di un grande colosso tecnologico dell’e-commerce – hai capito chi è, su – che vuole far tornare impiegati e impiegate in ufficio dal 2 gennaio 2025 ha scatenato un gran dibattito sul tema “smartworking”, che spesso è più corretto chiamare “lavoro da remoto”.

È vero che in ufficio c’è più produttività? O è un modo per controllare meglio il lavoro delle altre persone? E lo smartworking ha sdoganato più flessibilità o rischia di cancellare i limiti tra vita e lavoro? Sono domande che, a quattro anni dallo spostamento in massa dagli uffici al lavoro da casa, chi studia queste materie si sta ancora facendo. Le risposte, infatti, come racconta bene questa intervista di Internazionale, non sono così facili da trovare.

Quello che può aiutarti a prendere una decisione, soprattutto se hai una partita IVA e dei dipendenti, è l’impatto ambientale degli uffici rispetto al lavoro da casa: conoscere questo dato non è una questione banale, visto che può influenzare il modo in cui sceglieremo di lavorare da qui al futuro. Proviamo a scoprirlo.

Partiamo dagli uffici

A marzo 2023 il Politecnico di Milano ha rilevato che il 55% degli uffici in Italia oscilla tra le classi energetiche più basse, cioè la E e la G. Si tratta di edifici vecchi, costruiti tra i trenta e i cinquant’anni fa, che non sono stati ristrutturati di recente e hanno una pessima efficienza energetica. In poche parole, ci vuole molta energia per scaldarli o raffreddarli. A grandi linee, questo vuol dire che ogni anno gli uffici emettono complessivamente tra i 60 e i 63 kg/m2 di CO2. A questo vanno aggiunte le emissioni generate dai materiali e dai processi produttivi necessari per costruirli e ristrutturarli. A livello globale, infatti, il settore edilizio contribuisce al 39% delle emissioni di CO2: l’11% arriva proprio da cosa viene utilizzato durante la costruzione e come viene prodotto.

A questo va aggiunto il tipo di lavoro che si fa in un ufficio, che solitamente è questo: avere un computer o un portatile acceso per almeno 8 ore al giorno che manda email, accede a piattaforme che conservano i documenti online (piattaforme di cloud) e naviga su internet. 


Quanto inquina, però, un’email? Secondo la ricostruzione del Maker Fair di Roma, che si appoggia alle analisi dell’Agenzia francese per l’ambiente e la gestione dell’energia, ogni singola email emette circa 19 grammi di CO2. Sembra poco, ma basta moltiplicare questo numero per la quantità di email che vengono scambiate ogni giorno in un’azienda e il risultato è abbastanza imponente. Certo, essere fisicamente in ufficio potrebbe ridurre il numero di email che vengono scambiate all’interno di un’azienda, ma non ci sono studi che lo confermano. Quello che sappiamo è che questi consumi vanno sommati a quelli dell’edificio.

A questo va aggiunta l’illuminazione, che negli edifici più vecchi non è pensata per adattarsi alla presenza o all’assenza delle persone. 

Andiamo a chi ci lavora

Il grosso vantaggio per l’ambiente del lavoro da casa sono i trasporti. O meglio, il fatto che non ce ne sia bisogno. Il modo in cui ci spostiamo per raggiungere l’ufficio, infatti, deve fare parte del conteggio che determina le emissioni dell’ufficio stesso: dopotutto, il motivo del nostro spostamento – e il modo in cui ci spostiamo – è il lavoro. Avere la possibilità di raggiungere la propria sede di lavoro utilizzando i mezzi pubblici, i piedi o la bici abbassa molto le emissioni di CO2 dell’azienda. Se invece l’azienda si trova fuori dalle linee del trasporto pubblico e richiede di essere raggiunta con mezzi privati – principalmente l’auto –, le emissioni di anidride carbonica si alzeranno. Aggiungiamo anche che il lavoro d’ufficio ha gli stessi orari per chi lo fa – cioè, dalle 9:00 alle 18:00 – e per quasi ogni tipo di attività. Questo vuol dire che molte persone si sposteranno nello stesso momento, cosa che farà aumentare il traffico e, quindi, i gas serra emessi.


Per chiudere in bellezza, anche il cibo fa la sua parte: in Italia poche aziende hanno una mensa interna, cosa che potrebbe avere un impatto non indifferente sul peso “ambientale” dell’ufficio e sulle scelte alimentari di chi la frequenta. La mensa, infatti, potrebbe influenzare le emissioni dell’azienda semplicemente mettendo più piatti a base vegetale dentro il menù. 

E se la mensa non c’è, il dato vale lo stesso? Non abbiamo una risposta precisa a questo, dato che alcune società che aiutano a calcolare l’anidride carbonica tengono sempre conto del vitto. In ogni caso, se in ufficio sono presenti dei microonde, un frigo, le macchinette per il caffè e il bollitore andrebbe tenuta in considerazione l’elettricità utilizzata per far funzionare questi elettrodomestici. 

Il confronto con il lavoro da casa, in quest’ultimo caso, è meno forte perché è legato alle scelte alimentari di ogni singola persona.

Conclusioni?

Come diciamo spesso parlando delle bollette, ogni ufficio fa storia a sé: l’impatto che ha sull’ambiente dipende da molti fattori, così come la necessità di tornare a uno scenario pre-pandemia è molto soggettiva (da un punto di vista aziendale). Quello che sappiamo per certo è che un ufficio ha un peso non indifferente quando si parla di emissioni: quello che possiamo fare, allora, è cercare di abbatterne il più possibile. Abbiamo raccolto idee e suggerimenti a proposito sempre sul nostro blog.