PARLIAMONEN
01 luglio 2024

Il nome tecnico sarebbe “Energy Performance of Buildings Directive” (EPBD), ma in Italia preferiamo chiamarla direttiva “Case Green”: dallo scorso aprile stabilisce quali siano le regole – a livello europeo – di rispetto delle prestazioni energetiche da parte degli immobili. È stata approvata dalla maggioranza dei Paesi (l’Italia, insieme all’Ungheria, ha votato “no”). 

La direttiva è frutto di una proposta fatta alla Commissione Europea nel 2021: l’obiettivo di breve periodo è quello di ridurre significativamente i consumi degli immobili da qui al 2035, in considerazione del fatto che gli edifici producono il 40% del consumo energetico e il 36% delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra. L’obiettivo di lungo periodo, invece, è arrivare a costruire immobili a zero tasso di emissioni entro il 2050.

"Coinvolge tutti gli edifici?”

Tutti. Partiamo dalle case, cioè gli immobili considerati “a uso residenziale”: la direttiva impone ai Paesi di attivarsi per ridurre del 16% le emissioni di questi edifici entro il 2030 e del 20% entro il 2035, attraverso interventi di ristrutturazione e di riqualificazione basati su tecniche e materiali innovativi e a basso impatto ambientale.  

Per farlo, ci si concentrerà da subito sugli immobili con le prestazioni energetiche peggiori, cioè quelli più vecchi e/o che hanno subìto danni strutturali (come per esempio le abitazioni colpite da terremoti, alluvioni, eccetera).

Il 16% degli immobili “non residenziali”, invece, dovrà essere ristrutturato entro il 2030; il 26% entro il 2033.  



“E i nuovi edifici?”

Giusto quelli: allora, a partire dal 2028 per quelli pubblici e dal 2030 per quelli privati, i nuovi edifici andranno costruiti a “emissioni zero”, cioè seguendo regole strutturali e architettoniche d’avanguardia che utilizzino fonti di energia rinnovabile – prodotte dallo stesso edificio o da zone limitrofe.  

In deroga alle regole più stringenti delle prime proposte, la direttiva “Case green” lascia ampio spazio di manovra a ciascuno Stato, che può decidere liberamente quali misure adottare per far rispettare le regole.

“In Italia, quindi?”

Premessa: nel nostro Paese gli edifici sono vecchi, molto vecchi. Si calcola che il 60% sarebbe tra le classi energetiche F e G (la classificazione va da A a G). Un numero così elevato di immobili su cui mettere mano porta con sé l’inevitabile domanda “come pagheremo queste ristrutturazioni?”

Nella prima proposta della Commissione Europea erano previsti vari incentivi e fondi – tra i vari, anche il Fondo sociale per il clima – da dividere per ciascun Paese: in seguito alle modifiche fatte per approvare la direttiva, non è scontato che questi soldi vengano effettivamente usati per coprire le spese. Nel frattempo, ci sono state le elezioni del Parlamento Europeo, che hanno rimandato qualsiasi certezza su questo piano al prossimo autunno.