Portala a bere qualcosa. I “climate café”, infatti, nascono per contrastare la sensazione di impotenza e di isolamento nei confronti di una politica che sembra muoversi molto più lentamente rispetto al surriscaldamento globale e alle sue conseguenze. I climate café, infatti, non sono nemmeno dei veri e propri bar: sono dei momenti di incontro tenuti da persone che vogliono confrontarsi e parlare dei loro pensieri sul cambiamento climatico con chi ha una sensibilità vicina alla loro.
Insomma, i climate café non sono tanto dei posti fisici quanto delle occasioni per incontrarsi e parlare di cambiamento climatico. Niente stigma o condiscendenza, solo conversazioni aperte, biscotti e un thermos pieno.
Non è chiarissimo da chi sia nata l’idea di creare delle comunità per affrontare collettivamente l’ecoansia: dopo la COP21 di Parigi del 2015 – la conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – molte persone erano rimaste deluse dall’efficacia di certi provvedimenti. Se quello di Parigi è stato l’incontro che ha definito l’impegno degli Stati partecipanti a contenere il riscaldamento globale di almeno 1,5° (limite ormai ampiamente superato e probabilmente sottovalutato già ai tempi), la vaghezza delle azioni da intraprendere o la mancanza di limiti sull’utilizzo di fonti fossili hanno lasciato molto amareggiata – se non addirittura scoraggiata - la comunità ambientalista. Così diverse persone nel Regno Unito e negli Stati Uniti hanno iniziato a organizzare gruppi di incontro per affrontare, come prima cosa, questo senso di smarrimento. L’idea dei climate café può essere fatta risalire a tre nuclei originari:
quello scozzese, dei Climate Café ® organizzati e promossi da Climate Reality, l’organizzazione no-profit fondata dall’ex Vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore. Secondo la loro storia l’idea è arrivata un po’ prima della COP21 di Parigi, per la quale avevano preparato diversi incontri, laboratori e addirittura dei concerti. Da quel momento, non si sono più fermati;
quello inglese di Clover Hogan, l’ecoattivista che nel 2019 ha fondato Force of Nature, un’associazione di giovani per portare avanti azioni pratiche contro il cambiamento climatico. Anche Force of Nature ha il suo elenco di caffé ed eventi;
quello statunitense, un filone partito dalla psicoterapeuta Rebecca Nestor, che ha tenuto il suo primo climate café a Oxford nel 2018 e ha portato la sua esperienza nella Climate Psychology Alliance del Nord America, che ha insegnato ad almeno 350 persone come organizzare e gestire dei climate café tra Stati Uniti e Canada. Nestor sa che partecipare a un climate café non può sostituire la terapia, ma riconosce l’utilità di un momento di catarsi collettiva.