GREEN E AMBIENTE
18 gennaio 2023

Secondo un sondaggio fatto poco fa via chat, almeno un terzo delle persone nel nostro ufficio frequenta le piste da sci o i loro dintorni

È già da un po’ di settimane che l’argomento “neve” fa capolino nelle nostre conversazioni: quest’anno la domanda più ricorrente è “ma alla fine ha nevicato su?”

Se anche tu frequenti le montagne, o anche solo se leggi i giornali, saprai che di neve ne cade sempre meno. Le Alpi, che una volta erano quella distesa chilometrica di bianco che osservavi dal finestrino dell’aereo, adesso somigliano più a un enorme pandoro con lo zucchero a velo messo male; l’Appennino, non ne parliamo.

Una conversazione sulla nostra chat aziendale in cui ci chiediamo che fine abbia fatto la neve

 

36 giorni, un’infinità

Tra il ‘400 e il ‘900 il manto nevoso si è mantenuto più o meno costante; qualcosa, poi, è cambiato e gli scienziati hanno tentato di capirne di più intensificando gli studi sulla neve negli ultimi decenni. I ricercatori, per provare a ricostruire la situazione precedente, si sono affidati allo strumento più preciso dei dintorni: le piante di ginepro. 

Oltre a essere uno degli ingredienti principali del gin tonic dei tuoi sogni, il ginepro striscia: lo fa mentre cresce orizzontalmente molto vicino al suolo e gli anelli dei suoi rami sono in grado di dirci la durata della copertura nevosa in quel preciso punto del terreno.

In parole semplici, la crescita orizzontale del ginepro fa sì che la neve, quando cade, lo copra interamente e gli anelli registrino la presenza del manto. Gli scienziati hanno analizzato i ginepri della Val Ventina – in provincia di Sondrio – e hanno comparato le informazioni degli anelli con i dati metereologici della zona. In questo modo sono riusciti a capire il comportamento del manto nevoso dal ‘400 in avanti, scoprendo che la media di permanenza della neve è diminuita di 36 giorni. Nell’economia generale dei secoli, è una lunghezza di tempo significativa.

Riscaldamento globale, sei tu?

C’è poco da girarci intorno: i cambiamenti climatici sembrano essere i principali responsabili della diminuzione della neve in quota. I giorni di neve sono sempre cambiati di anno in anno: a volte sono stati di più, altri di meno. Tuttavia, l’andamento dei valori nevosi sul lungo periodo ha mostrato un forte legame con il dato delle temperature medie, e questo fa pensare che ci sia poca neve a causa del riscaldamento globale. L’assenza di manto nevoso ha a sua volta un effetto riscaldante: il bianco della neve riflette i raggi solari, rimbalzandoli, mentre il colore scuro del terreno li assorbe, contribuendo al riscaldamento generale. Un cane che si morde la coda.

“Quindi non scieremo più?”

Intanto, una triste verità: la neve non cade per il nostro divertimento personale. Sciare è fantastico e pochi posti come la montagna in inverno riescono a rimettere a posto le nostre sinapsi stressate, ma la funzione primaria della neve è rilasciare l’acqua nel corso dei fiumi – contribuendo a darci da bere – e fare da base per la formazione dei ghiacciai. 

La diminuzione del manto nevoso è un problema anche per le comunità che crescono e si sviluppano intorno agli sport invernali, ma salvare le stagioni con la neve artificiale sparata dai cannoni è sempre stato un argomento controverso. Usarli implica un utilizzo imperioso di elettricità e di acqua da bacini naturali o artificiali, con conseguenze sia sui consumi che sui rifornimenti idrici. Per fare un esempio, nella stagione 2016-2017 in Alta Badia sono serviti 2.000.000 m3  di acqua per imbiancare 100 km di piste. 

Soluzioni, o tentativi di arginare il problema, ce ne sono. Si parla sempre più di destagionalizzare il turismo in montagna, in modo che non sia legato a doppio filo solo alla neve; alcuni impianti, poi, stanno provando a usare in modo più “sostenibile” i cannoni utilizzando tecnologie che permettano di sparare neve in maniera mirata o riciclando parte del manto dell’anno precedente per riutilizzarlo. Non possiamo dire che siano soluzioni totalmente green, e di sicuro il sistema va ripensato nella sua interezza, ma una cosa è certa: il clima, ancora una volta, ci sta parlando. Lo stiamo ascoltando?