Non la tireremo per le lunghe, ma nel corso degli anni la gara a ospitare le Olimpiadi si è fatta sempre più spasmodica: ogni Paese voleva assicurarsi un posto nella Storia, determinando un aumento dei costi pubblici sempre maggiore e, di fatto, circoscrivendo la competizione tra poche Nazioni. A questo si sono aggiunti, nel tempo, grossi temi di sicurezza (a seguito di questo episodio), problemi urbanistici e ambientali.
Il fatto che un’Olimpiade venga ospitata da una singola città e non da un’intera nazione (come succede, per esempio, con i Mondiali di calcio) determina un’enorme concentrazione di risorse, strutture, soldi e logistica nello stesso posto. Di base, una città non dispone di tutto quello che serve per lo svolgimento dei Giochi, e – se sì – si tratta di situazioni in obsolescenza che richiedono un’aggiustatina.
Sistemare di là, costruire di qua e farlo in tempi brevi vuol dire spendere più soldi di quanti se ne erano preventivati (non lo diciamo noi, lo dice la storia di ogni edizione) e ritrovarsi poi con strutture pensate per il breve termine, che vengono lasciate a sé stesse dopo aver ospitato migliaia di persone e stravolto l’ambiente urbano per un paio di settimane.