ENERTECH E FUTURO
26 giugno 2025

Accettiamo scommesse sul fatto che, se hai mai visto Il Signore degli Anelli, il posto di cui stiamo per parlarti ti ricorderà quasi di sicuro la torre di Mordor, solo più carina e senza la seccatura di orchi dal pessimo aspetto e dall’alito pesante.  

Ma veniamo a noi. Dunhuang, in cinese, vuol dire “faro scintillante” ed è il nome di una località della Cina nord-occidentale alle porte di un vastissimo deserto. Per secoli queste dune sono state l’incubo di chiunque percorresse la Via della seta, adesso invece sono diventate la casa di un parco solare che ha dell’incredibile: i pannelli riflettono la luce del sole su un enorme torre che sembra – per la più curiosa delle coincidenze – proprio un gigantesco faro scintillante.


La Beijing Shouhang solar power tower

La torre solare del Bejiing Shouhang è letteralmente il “centro di gravità permanente” di un sistema composto da 12.000 eliostati (specchi riflettenti), che si differenziano dai pannelli solari perché si limitano a riflettere la luce invece di assorbirla. Ogni giorno gli eliostati seguono la luce solare dall’alba al tramonto e si orientano in modo da riflettere i raggi tutti in un unico posto: una torre alla cui sommità c’è una sorta di ricevitore che si illumina fino quasi a infiammarsi a causa del tasso di luce e calore. 

All’interno del ricevitore c’è un fluido composto da una miscela di nitrato di sodio e nitrato di potassio – in poche parole, sale fuso. È proprio il sale a catalizzare l’assorbimento del calore, arrivando a toccare punte di 565 °C. Riscaldandosi, il sale passa attraverso uno scambiatore di calore che, grazie alle temperature così elevate, trasforma l’acqua al suo interno in vapore acqueo ad alta pressione, che a sua volta aziona una turbina che alimenta un generatore elettrico. Risultato: energia completamente verde che consente di risparmiare circa 210.000 tonnellate di CO2 ogni anno. 



Una grande, grandissima differenza

Oltre al diverso funzionamento dei pannelli rispetto a quelli fotovoltaici, la vera “svolta” portata da quest’impianto è il modo in cui produce e accumula energia attraverso il sale. 

I fluidi contenuti nella torre, infatti, non solo si scaldano al punto da permettere allo scambiatore di trasformare il calore in energia, ma diventano una gigantesca batteria di accumulo che riesce a mantenere quelle temperature anche tutta la notte (si parla di 10-15 ore). 

Si tratta di un enorme passo avanti per le energie rinnovabili, che da sempre incontrano grosse limitazioni nell’accumulo di energia in assenza della fonte da cui proviene: il fatto che il sale riesca ad accumulare e conservare calore per così tanto tempo rende questo impianto “stabile”, cioè in grado di fornire energia continua e programmabile a seconda degli utilizzi. 

In più, con questo metodo, gli eliostati necessari occupano meno spazio dei pannelli solari (a parità di produzione) e il sale può essere continuamente riutilizzato perché, una volta raffreddato, è nuovamente disponibile per scaldarsi di nuovo: una batteria che non si consuma, in pratica. 



Non si può fare proprio dappertutto

È chiaro che un impianto del genere non possa essere costruito ovunque e che si debbano mettere in conto tutti i limiti geofisici del caso – ti ricordi quando ci siamo chiesti se potevamo tappezzare il deserto di pannelli solari, per esempio? – ma del resto nemmeno i pozzi di petrolio stanno ovunque, così come i giacimenti di gas. 

La buona notizia è che continuare a investire sulle rinnovabili crea i presupposti perché la tecnologia ottimizzi continuamente i limiti di queste fonti: oggi è usare il sale e far occupare meno spazio ai pannelli, domani sarà un altro miglioramento, e poi un altro ancora. Finché produrre e usare energia verde sarà l’unica strada che prenderemo in considerazione.