Che fino a qui non aveva toccato le temperature. Anzi, il clima mite di ottobre aveva fatto ben sperare fino a quando, tra l’11 e il 12 ottobre, delle perdite anomale in un gasdotto tra Finlandia ed Estonia hanno fatto pensare a un sabotaggio – di cui non abbiamo ancora prove certe, ovviamente. Insieme a questo, lo sciopero settembrino dei lavoratori australiani nel settore del GNL – ebbene sì, una farfalla sbatte le ali a Sidney e noi siamo qui a parlarne – ha innervosito i mercati. Ultimo cronologicamente ma non per gravità, gli attacchi di Hamas e la massiccia risposta di Israele hanno portato instabilità in una zona geografica piuttosto centrale per il movimento del gas. È stato subito chiuso il giacimento di gas di Tamar, vicino alla striscia di Gaza, che dovrebbe rifornire l’Egitto che, a sua volta, dovrebbe rifornire l’Italia. Ma non è tanto questo il punto: l’Algeria, cioè il principale fornitore di gas per l’Italia adesso che i rapporti con la Russia sono chiusi, ha condannato solo gli attacchi israeliani. Il Qatar, che si è appena legato a filo doppio con la Francia per i rifornimenti di gas, è sempre stato molto vicino ad Hamas. Così mercati, già abbastanza sul “chi vive”, hanno risposto il 12 ottobre aumentando le quote del gas sul TTF di Amsterdam: il picco più alto raggiunto in 6 mesi.