BELLA DOMANDA
06 marzo 2025

L’Italia è quel Paese dove nel peggiore dei casi ci sono 180 giorni di sole l’anno, nel migliore 300 o anche più. È noto che il bel tempo influisce positivamente sullo stato d’animo e di salute delle persone: ergo, dovremmo essere perennemente in queste condizioni. Invece siamo tra le persone più stressate al mondo: c’entrano il lavoro, i soldi, il poco tempo libero o – incredibile – il senso di colpa per quando prendiamo del tempo libero. Il carico da novanta ce lo mette la quotidianità: la maggior parte delle cose che facciamo potrebbero essere semplici, invece passiamo il tempo a complicarle inutilmente. 

Pensa alla burocrazia: hai bisogno di un documento e devi compilarne cento per ottenerlo, fai file interminabili quando basterebbe un click, vuoi leggere una privacy policy o un contratto prima di accettare qualcosa e ti trovi davanti a una vallata di pagine scritte in legalese. Cosa c’è che non va? 

Visto che ci occupiamo di bollette, abbiamo pensato di chiederlo a qualcuno che avesse risposte più affidabili delle nostre. Questa persona è l’avvocato Giorgio Trono, un professionista che ha deciso di farsi capire dalle persone. Giorgio fa questa cosa pazza di usare i princìpi del buon design per creare documenti legali precisi e comprensibili: in una parola, legal design. Ma meglio far parlare lui. 

 

"Il legalese: morbo mortale o semplice malanno di stagione?"

Il legalese è scrivere un testo giuridico in maniera inutilmente complicata. Può essere una legge, un contratto, una policy aziendale, un parere che l’ufficio legale indirizza a quello marketing.  

Spesso questi testi sono fatti di frasi lunghissime e tortuose, infarcite di subordinate e incisi che fanno perdere il filo del discorso, di termini astratti e desueti, di forme passive che non fanno subito capire chi deve fare che cosa.  

Sia ben chiaro, è inevitabile usare certi termini specialistici propri del diritto: il problema è la nebbia che avvolge il resto del testo e ne nasconde il significato. 

Il legalese è “inutilmente” complicato perché il problema di chi non capisce questi testi si traduce prima o poi in un problema per chi li scrive: email o chiamate al servizio clienti perché non si è capito come recedere dal contratto, telefonate al collega perché non si è capito cosa bisogna fare in base a quella policy e così via.   

Per fortuna il legalese è una malattia che si può prevenire e dalla quale si può guarire.  

La prevenzione dovrebbe essere fatta all’università, insegnando a scrivere in modo chiaro. Purtroppo, oggi questo non avviene malgrado un giurista per gran parte del suo lavoro non faccia altro che scrivere. 

La cura? Lo studio e l’esercizio continuo, anche se non è agevole re-imparare a scrivere di diritto, dopo aver passato anni immersi in testi scritti in legalese: significa uscire dalla propria zona di comfort.


“Il legal design: spiegacelo semplice”

Ci provo parlando di una realtà con cui abbiamo spesso a che fare: un lungo contratto in legalese che firmiamo per acquistare i servizi di una azienda.  

Di solito, all’interno dell’azienda, questo contratto viene costantemente modificato da più persone: alla lunga diventa un groviglio di clausole difficile da gestire e finisce per essere come il cassetto nel quale accumuliamo distrattamente i cavi: un contenitore di robe intrecciate, a volte obsolete, a volte duplicate. Sbrogliare la matassa porta via un sacco di tempo. Arriva il momento in cui è bene fare ordine. Come?  

Prima di tutto, analizzando il contesto, cioè ascoltando tutte le persone che con quel contratto hanno a che fare, dentro e fuori l’azienda: chi lo scrive, chi deve firmarlo, il marketing e il servizio clienti, a cui arrivano lamentele sul contenuto del contratto che i legali nemmeno conoscono.  

Legal design è fare e farsi tante domande: quali problemi incontrano tutte queste persone rispetto al contratto? Esistono clausole più critiche di altre e perché? Possiamo renderle più chiare? Come riorganizzarle e mostrarle in maniera da far trovare e capire agevolmente l’informazione che si sta cercando? Interveniamo solo sul linguaggio o usiamo anche elementi visuali come tabelle o diagrammi di flusso?  

Legal design è cercare e testare soluzioni linguistiche e grafiche per abbattere il tradizionale muro testuale che appare ai nostri occhi.  

L’obiettivo è creare un contratto che sia chiaro per chi lo deve firmare, facile da gestire per chi lo deve poi aggiornare e che stia in piedi da un punto di vista giuridico. Come ogni attività progettuale, anche il legal design ha dei vincoli da osservare: il rispetto delle norme è uno di questi. 

 

“Su LinkedIn hai citato la frase di Tim Radford, un giornalista inglese mancato da poco: “Nessuno si lamenterà mai perché avete reso una cosa troppo semplice da capire”. A noi è capitato. Che problemi abbiamo in Italia con la semplicità?” 

Forse tendiamo a credere che semplice sia sinonimo di banale: che significhi, quindi, abbassare il livello del linguaggio, renderlo colloquiale, e per questa via si arrivi a banalizzare anche il contenuto, magari omettendone parti importanti. Questa però è una idea di semplicità assai superficiale. 

Se prendiamo il solito contratto come esempio, consideriamolo come un documento complesso, che viene scritto tenendo conto di mille aspetti: le norme da applicare, le sentenze da rispettare, la specifica realtà aziendale da regolare. Ogni elemento deve essere incasellato al posto giusto, altrimenti l’ingranaggio si inceppa. 

Il contratto, già complesso di per sé, viene reso ancora più complicato dal modo in cui è scritto. 

Semplificare, in questo caso, significa governare la complessità e renderla comprensibile, organizzare e mostrare il contenuto del contratto secondo una logica che abbia senso per chi lo scrive e per chi lo legge. Non certo tagliare con l’accetta le clausole o scriverle come se fossero un messaggio su WhatsApp. Semplificare è complicato. Spesso chi legge il testo finale non si rende conto del profondo lavoro che è stato fatto per arrivarci. 

 

“Ma parliamo di te. Sei imperatore dell’Universo per un giorno: qual è la prima cosa che fai?”

Abolisco le frontiere. 

Anzi, stabilisco, con effetto immediato e irrevocabile, la soppressione di qualsivoglia barriera territoriale da chiunque e ovunque artificiosamente imposta, che possa ostacolare e/o impedire il libero transito delle persone fisiche, atteso il loro inalienabile diritto alla libera circolazione entro i confini dell’Universo.