GREEN E AMBIENTE
30 ottobre 2025

C’è una cosa che accomuna chi vive nelle città, nella Pianura Padana, il 60% degli Europei, l’80% degli statunitensi e – a voler dare proprio il dato completo – un terzo dell’umanità intera: nessuna di queste persone, la sera, alzando gli occhi al cielo riuscirebbe a vedere la Via Lattea

Anche se non vivi con un telescopio in casa e di sapere com’è fatto il cielo sopra la tua testa te ne frega il giusto, il fatto che tu probabilmente non riesca a vedere più della luna e qualche stella significa che l’inquinamento luminoso che ti circonda è più alto di quello che dovrebbe essere. 

 

Cosa vuol dire che le luci “inquinano”

Intanto, che consumano, come ogni cosa alimentata elettricamente. 

E fin qui ci può stare, perché avere strade e altri posti illuminati quand’è buio ha i suoi ovvi vantaggi – alcuni davvero interessanti, come vedremo. Quando si parla di inquinamento luminoso, però, ci si riferisce al fatto che la luce diffusa sia tale da generare tanti problemi quanti quelli che risolve.

Vivere sotto illuminazione costante contribuisce a farci perdere, in parte, la percezione del mondo in cui viviamo. Rispetto ai nostri nonni, per dire, abbiamo un contatto con la natura molto minore: non ci riferiamo solo al fatto che parecchie persone tra noi non saprebbero distinguere un albero da un altro, ma anche che – non potendo più vedere chiaramente il cielo sopra di noi – non sapremmo orientarci usando solo quello e la percezione del posto che occupiamo fisicamente nel mondo e nell’universo è incredibilmente diminuita, o comunque ridotta a quello che ci dice il navigatore quando andiamo in giro. 

L’inquinamento luminoso non è un problema solo per noi, ma anche per animali e piante. Visto che nessuno ha spiegato loro la funzione dell’illuminazione pubblica, fauna e flora arrivano a scambiare il giorno per la notte, letteralmente. Gli animali fanno fatica ad adattare i loro cicli di veglia e sonno perché “vedono” la luce quando non dovrebbe esserci. Se hai dubbi, chiedi a un pipistrello cosa ne pensa. Succede anche a noi quando subiamo un’eccessiva esposizione alla luce artificiale, o usiamo tv o cellulari poco prima di dormire e ci svegliamo il mattino dopo con la sensazione di non aver dormito abbastanza.

Le piante, dal canto loro, hanno problemi col “fotoperiodo”, cioè col lasso di tempo che naturalmente dovrebbero passare esposte alla luce o al buio. Stare troppo alla luce artificiale può “ingannarle”, ridurre i tempi dedicati alla fotosintesi clorofilliana e, di conseguenza, diminuire la produzione di ossigeno. Quello che respiri tu.  

 

D’altro canto, c’è la rigenerazione urbana

Vivere in posti illuminati elettricamente ha i suoi perché. Il primo è che le candele sono scomode, il medioevo pure. Il secondo è che la luce artificiale ci permette di vivere la nostra vita anche oltre le 5 del pomeriggio con l’ora solare. 

Non di meno, avere posti ben illuminati è di grande importanza per la qualità della vita, per la nostra sicurezza e per i processi di rigenerazione urbana

 

Molte città stanno sperimentando usi differenti dell’illuminazione pubblica per ridare vita a posti degradati o riqualificare gli spazi di passaggio pedonale: hai presente quei sottopassaggi sempre male illuminati, con quelle luci al neon fredde perennemente lampeggianti come nei migliori film dell’orrore? Loro. Non è una questione da poco: alcune zone delle città sono percepite come scomode o pericolose proprio per la qualità della loro illuminazione. Donne, persone anziane o che fanno parte di comunità o categorie più soggette a discriminazione evitano alcuni percorsi perché la scarsa illuminazione non dà loro la giusta sicurezza per attraversarli. 

Illuminare va bene, quindi, ma andrebbero considerati alcuni criteri.

Ecco quali

Il tipo di luce che si utilizza: i led stanno spopolando, perché permettono un risparmio energetico notevole a fronte di un’ottima illuminazione, ma la luce blu del loro spettro elettromagnetico si diffonde più intensamente, aumentando l’inquinamento luminoso e diminuendo la produzione di melatonina nelle persone che, come dicevamo prima, hanno più difficoltà ad addormentarsi dopo l’esposizione alla luce blu. 

Tuttavia, il problema più grande resta il modo in cui la luce viene diffusa: buona parte dell’illuminazione pubblica disperde la luminosità intorno a sé, quando invece dovrebbe localizzarla verso punti precisi. I lampioni stradali, per esempio, non illuminano solo il manto ma anche gran parte di ciò che c’è intorno, col risultato che la strada prende solo una parte della luce, il resto viene disperso verso l’alto generando inquinamento. 

A cosa serve, del resto, illuminare il cielo? A niente. La soluzione ideale sarebbe questa:

 

Un altro rimedio potrebbe essere l’installazione di sensori di presenza, che illuminano i tratti stradali o i marciapiedi al passaggio di un’auto o un pedone. Se ci pensi, quanti svincoli stradali o passaggi pedonali hanno bisogno di essere perennemente illuminati a notte fonda, quando la maggior parte delle persone è a letto? Non ci riferiamo solo ai centri abitati, ma all’intera rete stradale. 

Un capitolo a parte sono gli uffici, i negozi e tutte le strutture private che decidono di lasciare accese le luci interne anche di notte. Senza un buon motivo, è solo uno spreco di energia e un forte contributo all’inquinamento luminoso. 

In Italia non esiste ancora una direttiva nazionale a riguardo e le regioni, quando hanno a piano questo genere di riqualificazione, agiscono praticamente in autonomia. L’ideale sarebbe avere una regola generale che tenga conto non solo del risparmio energetico ma anche del buon design dell’illuminazione pubblica.