GREEN E AMBIENTE
02 luglio 2025

Come scrivevamo nell’intervista a Silvia Moroni di qualche settimana fa, parlare con accuratezza di sostenibilità è diventato un po’ più complicato. Il tema non solo richiede molte competenze, sia per chi scrive che per chi legge, ma è anche incastrato in una dinamica che premia le notizie più drammatiche, più spettacolari, più assurde. Forse è anche per questo che certe storie positive fanno più fatica a venire fuori. In questo caso, parleremo di una città che ha abbassato – e di tanto – il numero di auto presenti, con risultati abbastanza sorprendenti sia per l’inquinamento che per la salute. Insomma, magari una città senza auto non è all’ordine del giorno, ma una città con molte meno auto rispetto a vent’anni fa è già realtà. 


Il caso di Parigi

Ad aprile 2025, il Washington Post ha rielaborato i dati raccolti da Airparif – un’associazione indipendente che si occupa di dati climatici nella zona della capitale francese – per mostrare un sostanziale miglioramento nella concentrazione di PM 2.5 (che potresti conoscere come “particolato”) e di biossido di azoto (NO2) negli ultimi vent’anni. Sono entrambi agenti inquinanti che hanno delle ricadute pesanti sulla salute delle persone che li respirano. Non è un caso, infatti, che quando si alza l’allarme per i PM 2.5 e 10 – com’è successo a Milano un paio di anni fa – si chieda alle persone di non uscire a meno che non sia necessario.

Questo risultato è stato possibile grazie all’impegno – e ai rischi – che si è presa Anne Hidalgo, sindaca di Parigi dal 2014 e poi rieletta nel 2020. Come racconta bene Will Media, Hidalgo ha lavorato per ottenere questo risultato combinando una serie di interventi e “approfittando” di situazioni favorevoli – cioè il lockdown, quando pochissime macchine erano in giro – per tappezzare Parigi di piste ciclabili ed evitare che le persone spaventate all’idea di prendere i mezzi pubblici inondassero la città di macchine private. Accanto a questo, Hidalgo ha abbassato i limiti di velocità, ha potenziato la rete di trasporto pubblico sia nella zona centrale che periferica di Parigi, ha pedonalizzato molte aree, introdotto o esteso una formula simile alle nostre ZTL, aumentato il costo del parcheggio per i SUV con l’obiettivo di ridistribuire la ricchezza ottenuta da questo “obolo” e disincentivarne l’uso in città. Gli effetti sono evidenti: in vent’anni le macchine si sono dimezzate (- 50%) e il numero di persone che si spostano in bici è aumentato del 71%.

Purtroppo non esiste un dato che riesca a dirci quanto queste misure abbiano abbassato anche la produzione di CO2 ma, considerato che in Europa ogni anno 420.000 persone sono vittime di malattie respiratorie, aver reso l’aria più sana è un gran risultato.



La Ville Lumière non è sola

Anche se Londra non è più una “capitale UE”, il sindaco Sadiq Khan sembra aver preso spunto dalla sua collega francese per introdurre, nel 2019, una prima ZTL centrale chiamata Ultra low emission zone, cioè “Ulez” – ti sfidiamo a non pronunciarlo con accento campano. Di fatto, la Ulez prevede una tassa di 12,5 sterline al giorno per i veicoli più inquinanti con alcune eccezioni. Ecco perché, nel 2023, la scelta di estendere la Ulez ai quartieri più periferici di Londra ha scatenato grandissime proteste.

A inizio 2025, però, sono arrivati i primi risultati. I livelli di NO2 sono scesi del 27% in tutta Londra, mentre il PM 2.5 è diminuito del 31%. In questo caso, poi, il rapporto della Greater London Authority è riuscito anche a fare qualche calcolo sulle emissioni di gas serra: nei 6 mesi presi in considerazione dagli studi, il livello di CO2 equivalente in meno nell’atmosfera era pari a 3 milioni di viaggi da Heathrow a New York, di sola andata.

Sempre in Europa, tante altre metropoli si stanno muovendo nella stessa direzione di Londra e Parigi: Milano, Madrid e Amburgo hanno le loro “ZTL”, rispettivamente dal 2012, dal 2018 e dal 2011, mentre città come Bologna hanno introdotto un nuovo limite di velocità per il centro città, con il principale obiettivo di ridurre gli incidenti stradali.



C’è chi dice “No”

Per quanto queste misure abbiano dato ragione sia a Hidalgo che a Khan, per raggiungere risultati sulla viabilità ci vuole tempo. Durante l’attesa, però, la mancanza di una buona rete di trasporti locali o di piste ciclabili capillari può compromettere la solidarietà dell’opinione pubblica verso questo tipo di iniziative. Una grossa critica alle misure francesi da parte della cittadinanza, infatti, è che si tratti di misure estremamente punitive e classiste verso le fasce di popolazione che non possono permettersi di comprare una nuova auto o il cui tragitto casa-lavoro/casa-scuola sia estremamente disagevole, lungo e pericoloso per chi si sposta in bici. Le proteste a Londra avevano sollevato, sempre nel 2023, le stesse obiezioni. Come andrà a finire? Nel dubbio, saremo qui per raccontartelo.